LOAZZOLO DOC

LOAZZOLO: LA PIU’ PICCOLA DOC ITALIANA

Loazzolo è un piccolo comune piemontese incuneato nella bassa langa astigiana, tra il Cuneese e l’Alessandrino, a quindici minuti da Canelli e mezz’ora da Nizza Monferrato.

Questo, piccolo comune di 350 abitanti, il cui nome deriva dal basso latino Lupatiolum (luogo ove scorrazzano i lupi) appartenne sin dal XII secolo ai marchesi del Monferrato, che lo cedettero al comune di Asti nel 1200. Dal 1935 fa parte della provincia di Asti. Qui le condizioni pedoclimatiche sono ideali alla coltivazione della vite.

Loazzolo, la DOC più piccola d’Italia, è stata riconosciuta nel 1992. Il Loazzolo é un vino dolce rarissimo, vinificato e imbottigliato esclusivamente da uve Moscato (tradizionalmente impiegate per la produzione dell’Asti), uve appassite ed eventualmente attaccate dalla muffa nobile, coltivate nel solo comune di Loazzolo caso unico in italia.

Conta 8 produttori per circa 5 ettari complessivi!. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino “Loazzolo” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche qualitative.

Sono considerati idonei unicamente i vigneti ubicati su pendii e dossi collinari soleggiati su terreno a struttura calcarea marnosa. La giacitura dei terreni vitati, per favorire l’insolazione, deve essere collinare con pendenza minima del 20% con esclusione dei vigneti di basso o di fondo valle, ombreggiati, pianeggianti o umidi.

DISCIPLINARE DEL LOAZZOLO D.O.C.

Il vino Loazzolo deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti nell’ambito aziendale dal vitigno Moscato bianco al 100%.

La zona di produzione delle uve comprende il territorio amministrativo nel comune di Loazzolo in provincia di Asti.
La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino Loazzolo non deve essere superiore a 50 q.li per ettaro a coltura specializzata. La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 55%. Le uve devono assicurare un titolo alcolomentrico volumico minimo naturale non inferiore ai 13 gradi. Le uve devono essere sottoposte a graduale appassimento ed eventuale infavatura da Botrytis nobile sulla pianta stessa o in locali idonei.
Il vino Loazzolo non può essere immesso al consumo se non dopo essere stato sottoposto a un periodo di affinamento e invecchiamento di almeno due anni a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di produzione delle uve.
Durante detto periodo, è prevista la permanenza del vino per almeno sei mesi in botti di legno di capacità non superiore ai litri 250.
Il vino Loazzolo all’atto dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

colore: giallo dorato brillante;
odore: complesso, intenso con sentori di muschio e vaniglia, frutti canditi;
sapore: dolce, caratteristico con lieve aroma di Moscato;
titolo alcolometrico volumico minimo compl.: gradi 15,5 di cui almeno 11 svolti;
residuo zuccherino: minimo 50 grammi/litro;
acidità totale minima: 4,5 per mille;
estratto secco netto minimo: 22 per mille.

E’ consentita la qualificazione vendemmia tardiva, in considerazione che la raccolta delle uve per il Loazzolo ha luogo in epoca tardiva e scalare. Sulle bottiglie contenenti il vino Loazzolo deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

IL MOSCATO DI LOAZZOLO

La vendemmia “tardiva” del Moscato di Loazzolo

Tenuto conto delle elevate esigenze termiche del vitigno Moscato bianco destinato alla produzione del vino “Loazzolo”, sono da considerarsi idonei esclusivamente i vigneti in esposizione solari collocati sui versanti collinari da est a ovest. I sesti di impianto devono assicurare nella parte coltivata minimo 4.000 viti per ettaro: le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli generalmente usati (potatura corta Guyot, cordone a sperone).

L’uva prodotta deve essere vendemmiata tardivamente per ottenere una grande gradazione zuccherina (14-15° alla vendemmia) e lasciata appassire per alcuni mesi, su graticci di canne in un apposito locale denominato fruttaio; attaccata dalla muffa nobile, viene successivamente selezionata a mano. Il mosto viene vinificato all’inizio dell’inverno, fatto fermentare lentamente e affinato per 2 anni a partire dal 1 gennaio successivo a quello della vendemmia, di cui almeno 6 mesi in barriques di rovere, dopodiché viene imbottigliato. Si ottiene un vino concentrato, intenso, molto carico.

Attualmente la produzione totale è di circa 50.000 bottiglie l’anno divisa tra gli otto produttori.